E’ la Calabria la regione con il numero più alto di sequestri in materia di ecoreati. A due anni dall’approvazione della legge infatti, Legambiente fa il punto sulla sua applicazione attraverso storie e numeri raccolti in un dossier presentato questa mattina a Roma. Ne hanno discusso oggi insieme alla presidente e al direttore generale di Legambiente, Rossella Muroni e Stefano Ciafani, tra gli altri, Pietro Grasso, presidente del Senato della Repubblica, Andrea Orlando, ministro della Giustizia.
Entrando nello specifico dei dati sull’azione repressiva svolta nel 2016 dalle forze di polizia, sul fronte dei delitti contestati, sono 143 i casi di inquinamento ambientale, 13 quelli di disastro ambientale, 6 quelli di impedimento di controllo, 5 i delitti colposi contro l’ambiente, 3 quelli di omessa bonifica e 3 i casi di aggravanti per morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale.
La Campania è la prima regione per il numero (70) di ecoreati contestati. La Sardegna è la regione con il maggior numero di denunciati (126), mentre l’Abruzzo per il numero più alto di aziende coinvolte (16). Il maggior numero di arresti è stato compiuto in Puglia (14), il numero più alto di sequestri in Calabria (43).
IN ITALIA Nel 2016 le forze di polizia hanno contestato ben 574 ecoreati, più di uno e mezzo al giorno, denunciando 971 persone fisiche (oltre a 43 persone giuridiche), emettendo 18 ordinanze di custodia cautelare e sequestrando 133 beni per un valore che sfiora i 15 milioni di euro. E’ il bilancio tracciato da Legambiente in un dossier dedicato alla legge, entrata in vigore 2 anni fa, sugli ecoreati.
La Commissione europea, però, deferirà l’Italia alla Corte di giustizia Ue nell’ambito della procedura di infrazione aperta nel 2011 per la violazione della direttiva Ue del 1999 sulle discariche. A meno di colpi di scena, la decisione sarà annunciata domani. Bruxelles contesta all’Italia la mancata messa a norma o la mancata chiusura entro i termini previsti (16 luglio 2009) delle discariche già autorizzate e in funzione al momento del recepimento della direttiva. I siti ancora non in regola con le norme Ue sarebbero 44.