Fondi pubblici destinati alla manutenzione dei principali servizi cittadini di Reggio Calabria distratti e lucrati dalle cosche di ‘ndrangheta grazie ad accordi con politici e imprenditori collusi.
E’ il quadro disegnato da un’inchiesta coordinata dalla Dda e condotta dai finanzieri del Comando provinciale di Reggio che ha portato all’arresto di otto imprenditori che ricoprivano incarichi nelle società Multiservizi, partecipata dal Comune, e Gst, fallite nel 2014 e nel 2015. L’accusa è bancarotta fraudolenta.
Gli indagati, che ricoprivano cariche o qualifiche societarie, secondo l’accusa avrebbero distratto e dissipato il patrimonio delle società Multiservizi – che si occupava della manutenzione, tra l’altro, del patrimonio edilizio comunale, delle strade, degli uffici giudiziari e di altro ancora – e Gestione servizi territoriale, causandone il fallimento e privando i creditori di quanto dovuto. Sequestrati anche beni per oltre 5 milioni di euro.
Il procuratore Bombardieri: «Predavano soldi pubblici»
«E’ un’operazione importante per la città – ha commentato il procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri – perché si dà conto di quello che è successo in quegli anni. C’era un sistema creato per predare le casse di Reggio Calabria». I flussi di denaro, milioni di euro, transitavano dalla Multiservizi a società gestite da famiglie e imprenditori che avevano collegamenti stabili con la ‘ndrangheta.
In manette sono finiti gli imprenditori reggini Pietro Cozzupoli (81 anni),Lauro Mamone (62 anni), Giuseppe Rechichi (61 anni), Antonino Rechichi (34 anni), Giovanni Rechichi (35 anni), Rosario Rechichi (58 anni), Michelangelo Tibaldi (52 anni), e Michele Tibaldi (32 anni).