Pochi guitar heroes venuti fuori da quel folle calderone rappresentato dagli anni ’80 possono vantare la maturità artistica di un musicista come Paul Gilbert, da sempre noto per l’incredibile tecnica e velocità ma da anni fautore di un processo musicale che lo ha portato a sviluppare un playing quanto mai versatile in grado di contaminare il chitarrismo barocco dell’era Shrapnel con elementi blues, jazz, latinoamericani e power pop, per uno stile divenuto la perfetta evoluzione della shredding mania.
Un background ormai enciclopedico sfoggiato inevitabilmente non solo in ogni singolo album da solista, ma anche nella sua attività didattica, da sempre aspetto complementare della sua carriera, sin dal diploma al GIT di Los Angeles nel 1985.
L’ennesimo Clinic Tour italiano ha visto approdare Gilbert a Polistena per l’evento organizzato, in esclusiva regionale, da “Musica & Armonia”, l’associazione nonché scuola di musica cittanovese guidata dal presidente Giuseppe Pugliese, con la supervisione del direttore artistico Emanuele Morabito.
Coadiuvato da una sezione ritmica sempre più affiatata composta da Bruno Cucé al basso e Davide Calabretta alla batteria (entrambi alla seconda apparizione al suo fianco dopo il “RockOn” 2015) e dal traduttore Rocco Spinoso, Gilbert si è reso protagonista di un’altra interessantissima Live Clinic ad alto voltaggio che ha entusiasmato il numeroso pubblico dell’Auditorium Comunale.
Un evento didattico aperto a tutti, musicisti e semplici appassionati, in cui il celebre chitarrista dei Mr.Big ha dispensato per oltre due ore consigli su metodi, tecniche e lick illustrati all’interno di una lunga setlist incentrata prevalentemente su cover di estrazione diversa, per un seminario molto simile, in realtà, al concerto di un vero e proprio power trio alle prese con classici universali.
È il caso di “Red House”, ormai standard blues a tutti gli effetti di Jimi Hendrix, opening trasfigurata dai funambolici virtuosismi di un Gilbert in grande spolvero che indica immediatamente le coordinate di una serata fortemente influenzata da R’n’B e black music. Trovano così spazio “You Don’t Love Me” di Willie Cobbs (più vicina alla versione di Magic Sam o a quella torrenziale della Allman Brothers Band che all’originale), ancora Hendrix con “Little Wing”, e persino il soul di Lou Rawls (“A Natural Man”) e sua maestà Otis Redding nell’indimenticabile “I’ve Been Loving You Too Long”.
Esecuzioni sentite e travolgenti nel segno di un amore viscerale per le radici della musica americana, riletta chiaramente in chiave heavy tra immancabili plettrate alternate, tapping, vibrato e shred neoclassico: un marchio di fabbrica dosato con grande equilibrio e gusto nonostante le caratteristiche di generi del tutto avulsi da certi tecnicismi.
Tra un brano e l’altro, piccole ma preziose lezioni di musica e chitarra su accordi, arpeggi, ritmo, bending e scale.
La pentatonica di mi minore diventa quindi un valido pretesto per omaggiare i Police con una straordinaria (soprattutto sotto il profilo prettamente strumentale) “Walking On The Moon”, mentre “Grey Seal” di Elton John e “Rich Girl” di Hall & Oates spostano l’attenzione sulle tastiere e su certe armonie vocali smaccatamente pop che hanno fatto la fortuna dei suoi Mr. Big. Completano il lotto “Mercedes Benz” di Janis Joplin (controllo del ritmo), “Question 67 and 68” dei primi Chicago, “Burning Heart” dei Vanderberg e, dulcis in fundo, “Technical Difficulties”, manifesto dei suoi Racer X e autentico tour de force ipertecnico proposto proprio dal duo Cucé/Calabretta (“Mi hanno sorpreso”, dice Gilbert).
Spazio anche alla classica jam finale con alcuni chitarristi locali (Francesco Rao, Antonio Mercuri e lo stesso Rocco Spinoso) per nulla intimoriti dal dover duellare con un autentico mostro sacro delle sei corde, confermatosi, ancora una volta, showman consumato e didatta estremamente empatico, sempre prodigo di consigli per un pubblico di tutte le età.
Dopo il successo delle Masterclass di Luca Colombo e Marco Sfogli, il primo grande evento internazionale targato “Musica & Armonia” segna così un’ulteriore passo in avanti in termini di riscontro e prestigio grazie all’incredibile show di uno dei più grandi chitarristi al mondo: Paul Gilbert, uno shredder evoluto.