Un centro d’accoglienza trasformato in un ingranaggio di una maxitruffa.
Centinaia di migliaia di euro destinati all’accoglienza di migranti e rifugiati finiti nelle casse di una holding criminale.
È questo il quadro scoperto la Guardia di Finanza di Reggio Calabria, che questa mattina, per ordine del procuratore vicario Gaetano Paci, dell’aggiunto Gerardo Domijanni e dei pm Massimo Baraldo e Stefano Musolino, ha sequestrato beni per oltre un milione e mezzo di euro ai reali titolari di una holding di società di carta.
Un sistema complesso, composto da innumerevoli ditte, intestate a prestanome ma tutte riconducibili a Giuseppe Sera e Caterina Spanò, e costruito solo per occultare le attività di due società tecnicamente fallite e rastrellare lavori e finanziamenti.
Un vero e proprio castello di società paravento – è emerso dalle indagini – che funzionava solo su false fatturazioni, fittizie operazioni di affitto di rami d’azienda e transazioni inesistenti, che ha finito per ingannare persino la protezione civile calabrese e il ministero dell’Interno.
Impegnata in attività diverse – dalla ristorazione all’edilizia, dall’impiantistica alla manutenzione – la holding ha cercato di mettere le mani anche sull’accoglienza. E per un paio di anni ci è anche riuscita.
Tramite la cooperativa Le Rasole – formalmente rappresentata da Daniela Ferrari, ma per inquirenti e investigatori riconducibile a Sera, regista del castello societario – nel 2011, in piena emergenza Nord Africa, la holding si è aggiudicata un bando per l’accoglienza di rifugiati e profughi del valore di oltre 3 milioni di euro.
Ma solo una minima parte di questo denaro è stato utilizzato per ospitare dignitosamente i migranti.
“L’attività di accoglienza degli immigrati, sovvenzionata dalla prefettura di Cosenza, – si legge nel decreto di sequestro – ha garantito, difatti, agli indagati grossi introiti che sono stati indirizzati alle società di quella che, correttamente, viene definita come la holding di fatto Sera-Spanò.
Ciò è avvenuto mediante un sofisticato sistema di fatturazioni per operazioni inesistenti”.
Sulla carta, la coop avrebbe dovuto gestire due strutture, una Rogliano, nel cosentino, ed una a Sant’Eufemia d’Aspromonte, nel reggino, per un totale di 300 posti letto.
In realtà, l’unica disponibile è sempre stata solo quella di Rogliano, con una capienza massima di 155 persone, e mai riempita per intero.
Però negli anni, la cooperativa Le Rasole ha regolarmente incassato i quasi 300mila euro previsti dalla convenzione con la Protezione civile per il doppio degli ospiti.
Ma lucrare sui letti vuoti – o meglio, inesistenti – non era l’unica fonte di guadagno per la coop e la holding di cui era espressione.
Pasti e forniture per i pochi che hanno effettivamente soggiornato a Rogliano – in condizioni disastrose, hanno denunciato già all’epoca le associazioni della zona – sono stati subappaltati direttamente o indirettamente ad altre aziende del medesimo castello societario.
Nel 2011, pasti e pulizie sono stati affidati per più di 264mila euro alla Giordano srl, che ha poi subappaltato ad una delle società di Sera forniture per oltre 100mila euro.
L’anno successivo invece, la cooperativa, di fatto riconducibile a Sera, ha affidato il servizio direttamente ad una delle ditte dell’uomo, che in questo modo ha incassato quasi 446mila euro.
Ma alla holding di Sera sono andati anche la ristrutturazione e manutenzione delle strutture. Lavori regolarmente fatturati ad una delle società del gruppo, la General service, ma in realtà mai eseguiti.
Il pagamento invece c’è stato e quasi 353mila euro sono finiti nelle casse della holding, che sebbene si presentasse sotto diverse facce societarie, era sempre e comunque riconducibile a Sera e ai suoi soci.