Secondo i magistrati il “regista” dell’operazione è stato Antonio Scimone, arrestato lunedì e indagato nelle inchieste di Firenze e Reggio Calabria con, tra gli altri, Antonio Barbaro, esponente della cosca di Platì, Antonio Nicita ( sottoposto a fermo), Giuseppe Cuzzilla per le accuse, a vario titolo, di usura, concorso in riciclaggio e intestazione fraudolenta di beni.
I fatti risalgono all’estate del 2015 quando a vincere l’appalto del Comune di Roccastrada è stata la Pro Edil srl ( ora sottoposta a sequestro) di cui è titolare Giuseppe Cuzzilla e di cui prima era legale rappresentante Antonio Nicita raggiunto, con altre sue imprese, da una interdittiva antimafia.
Dalle indagini è emerso come la Pro Edil abbia stipulato un contratto di joint venture con Antonio Scimone e Antonio Barbaro tramite la società slovena B-Milijon Doo, impresa con la quale Scimone ha emesso fatture false collegate alla compravendita di metalli.
Nei lavori vengono coinvolti anche anche altri imprenditori calabresi: “Considerando che all’appalto hanno preso parte anche i fratelli Saraceno (colpiti con la Nuova Geosud da un’informativa antimafia) si evidenzia come l’appalto pubblico finisce nelle mani di soggetti che sono stati destinatari di interdittive antimafia”.
E nel decreto di fermo della procura calabrese si legge: ” Verosimilmente la società Pro Edil non disponeva di liquidità, mentre Scimone e Barbaro ne possedevano in gran quantità”. Le intercettazioni infatti hanno accertato come Scimone si sia anche interessato all’esecuzione dei lavori cercando una trivella ma poi abbia deciso di partecipare solo come finanziatore.
Lo spiega una conversazione intercettata tra Nicita e Scimone: il primo afferma che si sente forte dal punto di vista finanziario perché sa di avere Scimone come socio. E lui sorride dicendo: “…la Monte dei Paschi…”.
Il Comune ora ricostruisce la vicenda: “Fino a quando non lo abbiamo letto ieri su Repubblica non sapevano nulla – spiega il sindaco Francesco Limatola – quando la Pro Edil ha dismesso arbitrariamente il cantiere credevamo avessero problemi all’organizzazione ma non avremmo mai immaginato qualcosa di simile”.
I lavori del terzo lotto di interventi sulla frana del Chiusone sono fermi dal novembre 2015. L’ultimo contatto tra Comune e Pro Edil risale invece all’aprile 2016 quando l’azienda aveva chiesto di poter rescindere bonariamente il contratto per alcune difficoltà tecniche. Da quel momento, invece, il Comune ha avviato l’iter per sciogliere
il contratto in danno, così da chiamare in causa l’impresa che aveva abbandonato il cantiere. E, nei mesi scorsi, aveva avvisato la Regione Toscana che aveva finanziato l’intervento. Poi l’amministrazione aveva informato le assicurazioni coinvolte nella gara d’appalto in modo da poter chiedere i danni.
Prima materiali, e ora che il Comune ha scoperto come la Pro Edil sia, secondo i magistrati, diretta espressione della ‘ndrangheta, anche d’immagine.