“ ’Ndrangheta ” – “Mafia rurale” nel basso versante jonico catanzarese. La Polizia di Stato arresta 7 esponenti della cosca GALLELLI, autori di estorsioni.
Nelle prime ore della mattinata odierna personale della Polizia di Stato di Catanzaro, nell’ambito di una operazione denominata “ Pietranera ”, ha eseguito n. 7 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal GIP Distrettuale di Catanzaro su richiesta della Procura della Repubblica – D.D.A., a carico di:
- GALLELLI Vincenzo, cl. 43, intenso “Cenzo Macineju”
- SANTILLO Andrea, cl. 60, inteso “Nuzzo”
- SANTILLO Antonio, cl. 89
- GALLELLI Antonio, cl. 80
- LAROCCA Francesco, cl. 66
- NISTICO’ Giacomo, cl. 67
- CAPORALE Giuseppe, cl. 81
gli indagati, tutti del comprensorio di Soverato, sono ritenuti colpevoli, a vario titolo, di più episodi di estorsione aggravata dalla metodologia mafiosa, nei confronti di due imprenditori agricoli con attività ubicata nel Comune di Badolato.
Le attività investigative, condotte dalla Squadra Mobile di Catanzaro, coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro, nelle persone del Procuratore Aggiunto Dr. Vincenzo Luberto e del Procuratore Aggiunto Dr. Vincenzo Capomolla, con la supervisione del Procuratore Capo Dr. Nicola Gratteri, hanno permesso di accertare che il capo cosca settantaquattrenne Vincenzo GALLELLI ha imposto, per oltre vent’anni, la “guardiania” sulle proprietà di una nota famiglia di Badolato, fissando altresì le modalità di sfruttamento dei terreni e costringendo, di anno in anno gli imprenditori a concederli a pascolo ed erbaggio a propri familiari, nipoti e pronipoti, impedendone in tal modo il libero sfruttamento commerciale da parte dei legittimi proprietari.
Le investigazioni, effettuate mediante l’attivazione di intercettazioni telefoniche ed ambientali, hanno fatto emergere, in particolare, come gli imprenditori agricoli, vittime delle pretese estorsive, per il periodo temporale che va dalla metà degli anni ’90 all’anno 2008 siano stati costretti ad accettare la presenza nelle loro aziende, quale “custode” di Vincenzo GALLELLI, il quale in virtù delle doti criminali rivestite, garantiva loro la cd. “tranquillità ambientale”, costringendoli, per converso, a donargli quale controprestazione, numerosi terreni, nonché ad affidare la gestione e lo sfruttamento di altri fondi agricoli a sé od ai suoi più prossimi familiari, quali il pronipote trentasettenne Antonio GALLELLI con divieto, di fatto, di esercitare, sui terreni attività non concordate con il capo cosca.
In particolare, ogni qual volta le vittime tentavano di dare corso ad una produzione agricola intensiva, i loro raccolti erano completamente distrutti dagli animali posseduti dai membri della famiglia GALLELLI lasciati abusivamente al pascolo sui terreni coltivati.
La pressante condizione di assoggettamento ed omertà imposta ai titolari dell’azienda agricola li costringeva inoltre a modificare e rivedere i termini e le condizioni contrattuali stabiliti con altri operatori agricoli, la cui presenza doveva rappresentare una sorta di argine alle pretese ed ai condizionamenti del GALLELLI Vincenzo.
Quest’ultimo per la realizzazione dei propri intenti criminosi utilizzava il nipote SANTILLO Antonio cl.89, i pronipoti GALLELLI Antonio cl.80 e CAPORALE Giuseppe cl.81, paventando per il tramite del LAROCCA Franco cl.66, del genero NISTICO’ Giacomo cl.67, il verificarsi di gravissimi atti di sangue qualora le direttive del capo cosca non fossero state seguite.
Il contesto di totale soggezione psicologica nel quale si erano venuti a trovare le vittime, induceva le medesime ad omettere per anni di sporgere formale denuncia contro l’ arbitraria ed abusiva occupazione dei terreni nonché l’utilizzo dei mezzi agricoli che nel corso degli anni i GALLELLI avevano attuato anche mediante minacce al fattore dell’impresa agricola.