San Valentino e l’altro amore: qualcosa in più di un convegno. Un momento di riflessione. Un ricordo. Un omaggio. O come definito da tanti un modo per dare a Rossella Casini un “luogo” in cui riposare. I lavori, moderati dalla giornalista Giulia Zampina, si sono aperti con un video costruito sulle note del celebre brano di Alex Britti, “Perché”. A prendere la parola è stato, poi, l’assessore comunale alle Politiche Sociali, Elisabetta Sestito che, dopo aver ringraziato gli ospiti e il folto pubblico presente nella sala della biblioteca di Girifalco, ha spiegato il perché l’amministrazione municipale ha inteso ricordare Rossella Casini nel giorno in cui si festeggia l’amore. “Troppo spesso l’amore – ha detto – fa male. E troppo spesso anche amare fa male. Abbiamo voluto ricordare la storia di Rossella Casini perché riteniamo sia giusto dare voce ad un dramma che, iniziato come amore, si è trasformato in morte”.
A raccontare la storia di Rossella Casini è stata, quindi, la giornalista Andreana Illiano. “Il punto di inizio è stato un articolo che ho scritto circa un anno fa sulla storia di Rossella Casini, una giovanissima ragazza fiorentina (aveva 25 anni nel 1981) che si innamora perdutamente di un calabrese, un ragazzo suo coetaneo che con lei studia all’Università e che, poco per volta, la risucchia nel suo mondo di faide e sangue, quello della ‘ndrangheta. Rossella fu stuprata fatta a pezzi, su ordine della sua ex cognata, suo padre seppe di lei, dopo tredici anni dalla sua scomparsa, leggendo un articolo di giornale dove era scritto che un pentito nel 1994 aveva raccontato che sua figlia era stata fatta a pezzi, uccisa e gettata in mare. Ho ricordato il nome di Rossella, di cui ricorre l’anniversario della scomparsa fra qualche giorno, con un articolo inchiesta pubblicato sul sito di Roberto Saviano. E’ stato un modo diverso per riflettere sull’amore. In quell’occasione la sua storia fu conosciuta e letta da due milioni di persone, frutto delle magie del web. Io credo che Rossella sia una storia simbolo, non siamo qui per celebrarla, ma per partire da lei e iniziare una riflessione sull’amore, le donne, la ‘ndrangheta e chiederci a che punto si è arrivati non solo sulla parità di genere, ma sul modo di concepire e vivere l’amore. E la storia di Rossella parte proprio con un innamoramento, quello verso un giovane, Francesco Frisina che frequentava a Firenze la sua stessa università. Ma Rossella in questo limbo di storie non note non è sola, c’è anche Annunziata Pesce, sparita , uccisa nel 1981 perché si era innamorata di un carabiniere, il suo cognome è quello di una potentissima famiglia di ‘ndrangheta, nessuno ha indagato su di lei,la sua storia viene fuori perché un’altra donna Giuseppina Pesce, molto più nota, pentita, indotta più volte a ritrattare, ma forte, fino a fuggir da questa terra con i suoi figli e a diventare testimone chiave di moltissimi processi, l’ha ricordata. Giuseppina Pesce ricorda che quando lei cominciò a collaborare con la giustizia i suoi genitori non facevano altro che dirle che doveva stare attenta perché avrebbe fatto la stessa fine di Nunzia. Sparita nel nulla. Ecco quando l’amore diventa colpa e si paga con la vita. E’quello che è accaduto a Maria Concetta Cacciola, costretta ad ingoiare acido muriatico. E’ quello che è accaduto a Lea Garofalo, ed è l’amore che ha sentenziato la condanna a morte di Angela Costantino, 25 anni, 4 figli, moglie di Pietro Lo giudice, colpevole di aver tradito il marito in carcere. E forse è la stessa fine che è toccata a Barbara Corvi sposata con un altro esponente di Lo Giudice, di lei non si hanno più notizie dal 2009. Oggi però è il 14 febbraio ed è anche una ricorrenza, già perché a Nicotera, nel vibonese, Tita Buccafusca nel 2011 con suo figlio tra le braccia andò alla caserma dei carabinieri e disse che voleva collaborare con la giustizia, lei che era intestataria di beni della potentissima famiglia Mancuso, lei che era la moglie di Pantalone Mancuso. Due giorni prima avevano ucciso il re del narcotraffico, Vincenzo Barbieri, e Tita sapeva che ci sarebbe stata una faida per la droga. Non durò molto. Due mesi dopo morì. Tento’ di pentirsi, si allontanò da casa sua, poi ritrattò e quando torno a casa con suo marito pentita di aver collaborato con la giustizia ne uscì in preda agli spasmi di chi ha ingoiato acido muriatico. Il marito disse che si era suicidata. Morì dopo due giorni in aprile all’ospedale di Reggio”.
“Quando c’è violenza non c’è mai amore”, con queste parole ha esordito Elena Morano Cinque presidente della commissione Pari Opportunità della Provincia. “La storia di Rossella Casini ha suscitato in me due riflessioni: l’amore delle donne e il loro coraggio, troppe volte, più forte di quello degli uomini. Ed ancora da questa storia emergono, a mio giudizio, due figure: la figura di Rossella che ha amato tanto il suo uomo e la figura squallida e ondivaga di questo uomo. Inoltre dalla storia di Rossella emergono due figure di donna: sia la donna contro la mafia e sia donna di mafia. La mafia non ha un’ideologia se non quella del potere e dei soldi. Oggi, visto che le donne stanno acquisendo maggiore potere, anche quelle di mafia stanno acquisendo una maggiore dignità di potere. Trenta anni fa la donna di mafia non era neanche soggetto giuridico. Era una pedina del suo uomo. Oggi come oggi non è così sopratutto nella camorra”. Tante le storie raccontate nel corso del convegno. Molte le testimonianze. Come quella di Elvira Iaccino, presidente dello sportello SOS Giustizia di Libera. Da Rossella Casini a MariaConcetta Cacciola: “La donna che vive in un contesto mafioso non è libera. Non può innamorarsi di chi vuole. E molte restano in questo contesto solo per amore dei figli”. Dal libro “Malanova” di Cristina Zagaria è, invece, partita Simona Dalla Chiesa. “Il percorso delle donne nella società attuali è cambiato in tutti i campi. Mi chiedo, allora, come è possibile che ci sia questa contraddizione tra la donna affermata socialmente e un vissuto di donna legato a retaggi ancestrali”. La storia raccontata da Simona Dalla Chiesa colpisce molto la platea, esattamente come quella di Giuseppe Russo proposta da Elvira Iaccino. Storie di dolore, soprusi e silenzi. Che, a Girifalco, hanno trovato voce in un convegno pensato per far riflettere nel giorno dell’amore. Un sentimento che, spesso, non è amore. O si trasforma in amore malato. Amore criminale. Amore e dolore insieme in un sentimento che fa male. E, a volte (spesso, troppo spesso), uccide.