«L’80% delle strutture ricettive, in Calabria, è abusivo». La denuncia è del presidente della Federalberghi regionale, Vittorio Caminiti.
L’andamento della stagione turistica estiva è positivo in Calabria ma si tratta, dice all’AGI il presidente degli albergatori, di un effetto di trascinamento dovuto al buon andamento dell’industria delle vacanze nelle altre Regioni meridionali, Puglia, Basilicata, Campania e Sicilia. Come dire che sulla punta dello Stivale si raccolgono soltanto le briciole. «La Calabria – afferma – è la Cenerentola, perché non si fa sistema e tutto è lasciato all’improvvisazione e alla buona volontà degli operatori». Il New York Times, di recente, ha indicato l’estrema regione peninsulare come meta imprescindibile e le campagne promozionali non sono mancate, «ma tutto questo – spiega Caminiti – non è sufficiente senza politiche che integrino le varie offerte».
In primo luogo, dice il presidente della Federalberghi, il turismo calabrese deve uscire dall’illegalità. «Questa regione – continua – per bellezza, tradizioni gastronomiche e storia non ha eguali. Ma si continua a tollerare, se non a privilegiare, l’illegalità diffusa. Spesso si tratta di strutture in mano ai malavitosi, raccomandate alle istituzioni pubbliche dagli amici degli amici. Manca – dice – un albo che escluda chi non ha il certificato penale a posto; chi opera in strutture non rispondenti alle norme sulla sicurezza che andrebbero chiuse. Poi – sottolinea – ci sono gli abusivi, che non pagano le tasse ma fruiscono dei servizi. I depuratori scoppiano perché nessuno è in grado di sapere, con dati reali alla mano, quanti siano i visitatori nei mesi estivi. Se tutti pagassero le tasse ai Comuni, si potrebbe, per esempio, investire soldi nella depurazione ed avremmo un mare più pulito. In altre regioni questo si fa già da molto tempo».
La Calabria, nei giorni, è stata nell’occhio del ciclone a causa dell’iniziativa discriminatoria del titolare di una casa albergo che, ricevuta una prenotazione, si è affrettato a puntualizzare all’utente di non volere «né cani né gay» nel suo albergo. «Si trattava – precisa Caminiti – di un affittacamere abusivo. Ma anche questo episodio – aggiunge – è significativo. La Calabria è forse l’unica regione a non essersi dotata di una legge, che invochiamo da tempo, contro la discriminazione nelle strutture pubbliche. È chiaro che così ognuno fa quello che vuole».
L’accusa è diretta al governo regionale. «Non vuole – sostiene Caminiti – la collaborazione di chi opera onestamente sul territorio. Esistono le consulte per il turismo – spiega – pensate proprio per attivare quella sinergia fra pubblico e privato che in Calabria manca, ma non si riuniscono mai. Si teme, evidentemente, che noi imprenditori smontiamo le politiche di qualche funzionario».
Il prezzo dell’improvvisazione è che le grandi potenzialità del turismo calabrese restano inespresse. «Grazie ai costi contenuti – spiega Caminiti – fino a pochi anni fa la Calabria aveva un soggiornamento medio di 15 giorni, in assoluto il più lungo in Italia. Ora siamo scesi a 5 giorni. Servono operatori alberghieri qualificati ed occorre una politica dell’accoglienza che è cosa diversa dalle campagne promozionali». Se nei giorni più caldi dell’anno, con temperature che superano i 40 gradi in riva al mare, mentre in Sila si registrano meno di 19 gradi, gli alberghi delle località montane sono vuoti, un motivo, quindi, c’è ed è evidente. Ci si aspetterebbe la fuga verso le località turistiche del massiccio Silano o dell’Aspromonte, ma i dati sono crudi. «Le camere dei principali alberghi montani – aggiunge il presidente di Federalberghi – sono in buona parte vuote. Trovare alloggio non è difficile. C’è stato l’assist della stampa internazionale, ma non si può pretendere che chi viene in Calabria possa accontentarsi di stare chiuso in camera. Alla promozione deve seguire l’accoglienza, facendo massa critica sul territorio, con una politica che coniughi servizi e taglio dei costi. Noi – sottolinea – registriamo carenza anche sulla cartellonistica stradale. Non basta indicare dove porta una strada, perché è necessario, ai fini di una vera politica turistica, far sapere all’automobilista cosa si trova in una determinata località e perché vale la pena visitarla».