Nella lotta contro le ecomafie e i ladri del futuro si sta percorrendo la giusta strada. A soli due anni dall’entrata in vigore della legge sugli ecoreati, nel complesso, diminuiscono in tutta Italia gli illeciti ambientali ed il fatturato delle ecomafie scende a 13 miliardi registrando un – 32% rispetto allo scorso anno, dovuto soprattutto alla riduzione della spesa pubblica per opere infrastrutturali nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso e al lento ridimensionamento del mercato illegale.
Nonostante il trend positivo che indica una inversione di tendenza rispetto agli anni passati, sono ancora tanti problemi da affrontare a partire dal fenomeno della corruzione, che continua a dilagare in tutta la Penisola, la questione dell’abusivismo edilizio, il ciclo illegale dei rifiuti. In questo quadro, fatto di luce e ombre, diminuisce complessivamente in percentuale il peso delle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso, che passa dal 48% del 2015 al 44% del 2016, anche se si confermano ai primi posti nella classifica per numero di illeciti ambientali: in vetta la Campania con 3.728 illeciti, davanti a Sicilia (3.084), Puglia (2.339) e Calabria (2.303). La Liguria resta la prima regione del Nord, il Lazio quella del Centro. Su scala provinciale, quella di Napoli è stabilmente la più colpita con 1.361 infrazioni, seguita da Salerno (963), Roma (820), Cosenza (816) e Palermo (811).
È quanto emerge in sintesi da “Ecomafia 2017 di Legambiente, le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia”, edito da Edizioni Ambiente con il sostegno di Cobat e Novamont, e presentato oggi a Roma alla Camera e Deputati. Il Rapporto Ecomafia è stato realizzato, come ogni anno, grazie alla collaborazione delle forze dell’Ordine: l’Arma dei carabinieri, il Corpo forestale dello Stato e delle regioni e delle province a statuto speciale, la Guardia di finanza, la Polizia di Stato, e delle Capitanerie di porto, e gli altri organi di polizia giudiziaria l’Ufficio antifrode dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, la Direzione Investigativa Antimafia, la Direzione nazionale antimafia.
Nel dettaglio, i dati della CALABRIA nel 2016. La classifica nazionale conferma la lieve flessione dei reati con una regione che per numero di illeciti ambientali, passa dal secondo al quarto posto.
Nel ciclo del cemento sono state 411 le infrazioni accertate rispetto alle 593 dello scorso anno; 450 le denunce; un arresto e 151 sequestri. Nella classifica divisa per province, al primo posto Cosenza con 148 infrazioni, 151 denunce, nessun arresto e 52 sequestri; segue Reggio Calabria con 119 infrazioni, 141 denunce, un arresto e 53 sequestri; Crotone con 77 infrazioni, 65 denunce, nessun arresto, 21 sequestri; Vibo Valentia con 38 infrazioni, 49 denunce, nessun arresto e 14 sequestri. Chiude la classifica Catanzaro con 27 infrazioni, 40 denunce, nessun arresto e 10 sequestri. (In questa classifica provinciale sono esclusi i dati dei Carabinieri Tutela Ambiente).
Nel ciclo illegale dei rifiuti, sono state 429 le infrazioni accertate rispetto alle 487 dello scorso anno, 445 le persone denunciate, 8 gli arresti e 186 sequestri. Su scala provinciale: al primo posto Reggio Calabria con 216 infrazioni, 202 denunce, 2 arresti e 106 sequestri; segue Cosenza con 88 infrazioni, 89 denunce, 6 arresti e 42 sequestri; Vibo Valentia con 43 infrazioni, 49 denunce, nessun arresto e 14 sequestri; Crotone con 21 infrazioni, 19 denunce, nessun arresto e 8 sequestri; Catanzaro 16 infrazioni, 13 denunce, nessun arresto e 9 sequestri. (In questa classifica provinciale sono esclusi i dati dei Carabinieri Tutela Ambiente).
La corruzione in materia ambientale continua ad essere un fenomeno dilagante in tutta Italia. La Calabria è al quinto posto nella classifica regionale con 31 inchieste, 475 arresti, 360 denunce e 67 sequestri avvenuti dal 2010 al 31 maggio 2017.
Nel racket degli animali la Calabria è al quarto posto con 530 infrazioni, 516 denunce, 2 arresti e 188 sequestri.
Primo posto in classifica per gli incendi dolosi e colposi con 848 infrazioni, 25 denunce, 2 arresti e 4 sequestri.
Nella classifica delle archeomafie, la regione è al sedicesimo posto con 3 furti d’arte.
“Quest’anno il Rapporto Ecomafia – dichiara Rossella Muroni, Presidente nazionale di Legambiente – ci restituisce una fotografia che non ha solo tinte fosche, come nelle scorse edizioni, ma anche colori di speranza grazie anche alla legge che ha introdotto nel codice penale i delitti ambientali e che ha contributo a renderci un paese normale, dove chi inquina finalmente paga per quello che ha fatto. Ora è importante proseguire su questa strada non fermandosi ai primi risultati ottenuti, ma andando avanti investendo maggiori risorse soprattutto sulla formazione degli operatori proposti ai controlli e dando gambe forti alle Agenzie regionale di protezione ambientale, che stanno ancora aspettando l’approvazione dei decreti attuativi, previsti dalla recente riforma del sistema delle Agenzie, da parte del ministero dell’Ambiente e della Presidenza del Consiglio dei ministri”.
“Per contrastare le illegalità ambientali – dichiara Stefano Ciafani Direttore generale di Legambiente – è fondamentale che siano approvate quelle norme che mancano ancora all’appello a partire da una legge che semplifichi l’iter di abbattimento delle costruzioni abusive. Servono anche norme che prevedano i delitti contro la flora e la fauna protette, pene più severe contro le archeomafie e anche l’accesso gratuito alla giustizia alle associazioni. L’Italia dimostri con fatti concreti di voler investire e puntare davvero sull’economia circolare e civile, due strumenti fondamentali per contrastare l’economia ecocriminale e per promuovere un’economia sostenibile e innovativa fondata sul pieno rispetto della legalità, sui principi della solidarietà, capace di creare lavoro e contribuire alla custodia dei patrimoni del nostro Paese”.
Sul sito www.legambiente.it e su www.noecomafia.it è possibile trovate alcuni approfondimenti.