In occasione della scadenza del termine per la rata di saldo, è necessario richiamare l’attenzione sulla crisi del settore immobiliare, che è confermata dai dati di Eurostat
Conto alla rovescia per il pagamento del saldo di IMU e TASI per il 2019. Il prossimo lunedì 16 dicembre, scadrà infatti il termine ultimo per versare l’imposta, che riguarda l’anno in corso e che vale oltre 10 miliardi di euro. Esso, a differenza dell’acconto che si è pagato a giugno, va eseguito sulla base delle aliquote e delle detrazioni stabilite dal Comune di riferimento (quello cioè dove si trova l’immobile) per l’anno 2019.
In tale occasione, è bene rammentare che i Comuni possono aver deciso di alzare le aliquote, atteso che con la legge di bilancio 2019 il Governo aveva deciso di eliminare il blocco dell’incremento delle aliquote, in vigore sin dal 2015.
In conseguenza di ciò, singoli Comuni potrebbero aver deciso o decidere di applicare aliquote massime sino al 10,6 per mille, con un ulteriore 0,8 per i grandi centri. Come in precedenza, restano totalmente esentate dal pagamento le abitazioni principali, ovverosia le prime case, a meno che non siano abitazioni di categoria catastale A1, A8 e A9, impropriamente definite “di lusso”, e detta esenzione si applica soltanto a chi dimora nella predetta casa e ha lì anche la residenza anagrafica.
In Calabria, la media ordinaria delle aliquote cumulate IMU/TASI è pari al 10,7 per mille. La media delle aliquote per gli immobili locati a canone agevolato corrisponde invece al 9,84 per mille.
A Catanzaro l’ aliquota è pari al 10,6 e si applica anche agli immobili locati a canone concordato, per i quali Reggio Calabria ha invece stabilito, e confermato anche per il 2019, una aliquota ridotta al 7,5 per mille. Tale riduzione si aggiunge comunque a quella prevista dalla legge di Stabilità 2016, la quale ha stabilito una riduzione al 75% delle aliquote IMU e TASI deliberate dai Comuni per gli immobili locati a canone concordato, per esigenze abitative ordinarie (3+2), esigenze transitorie e per studenti universitari.
Il 2019 potrebbe anche essere l’ultimo anno di IMU e TASI, e dal 2020 dovrebbe scattare la nuova IMU che accorperà i due tributi, sopprimendo la TASI. Il che porterebbe con sé l’attribuzione ai proprietari dell’intero importo del tributo, ora invece in parte a carico degli occupanti degli immobili, se non utilizzati come abitazione principale
Per Sandro Scoppa, presidente di Confedilizia Calabria: «A distanza di otto anni dall’introduzione dell’IMU, qualsiasi intervento sulla disciplina dell’imposizione locale sugli immobili dovrebbe avere caratteri di incisività, da un lato dal punto di vista della riduzione del carico di tassazione, dall’altro sul piano dell’eliminazione di palesi iniquità che caratterizzano l’attuale normativa, che va totalmente ripensata.
Come più volte evidenziato, le aliquote medie di Imu e Tasi hanno ormai raggiunto il 10 per mille su basi imponibili che sono state aumentate del 60 per cento con la manovra Monti. Il tutto, senza risparmiare neppure le case affittate a canone calmierato e con un’imposizione che raggiunge livelli di accanimento in presenza di abitazioni che non si riescono a locare, per le quali in molti casi si applica persino l’Irpef (su un reddito inesistente).
In più, c’è la tassa rifiuti. In totale, la somma di Imu, Tasi e Tari pesa ogni anno per circa 31 miliardi di euro. Si tratta di un onere non più sostenibile – sottolinea ancora Scoppa – e, soprattutto, di una tassazione puramente patrimoniale, che non tiene nel minimo conto la qualità e la quantità dei servizi offerti ai cittadini. Occorre riformare radicalmente il sistema, sostituendo Imu, Tasi e Tari con un tributo ridotto, effettivamente legato ai servizi e deducibile dal reddito di persone fisiche e imprese.
Un accenno va anche fatto all’affitto non abitativo, ove la situazione è ancora più grave. Sia per le illiberali e dannose previsioni della l.n. 392/78 (c.d. legge sull’equo canone) sia, soprattutto dopo la decisione del Governo di non prorogare la cedolare secca al 21%, che era stata introdotta un anno fa con l’intento di limitare la gravissima crisi dei locali commerciali.
Si tratta di una decisione sorprendente. La misura era condivisa da tutte le forze politiche: l’hanno varata il Movimento 5 Stelle e la Lega con l’ultima manovra e per questa legge di bilancio vi erano emendamenti che ne prevedevano la conferma da parte dello stesso Movimento 5 Stelle, del Partito democratico e di Italia Viva, oltre che delle forze di opposizione (Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia). La necessità della cedolare era talmente evidente che a richiederla erano state anche le associazioni dei commercianti, convinte anch’esse che l’eccesso di tassazione sui proprietari dei locali affittati ostacolasse l’apertura di nuove attività.
In assenza della cedolare, che era stata prevista per i contratti stipulati nel 2019, il proprietario è infatti soggetto all’Irpef, all’addizionale regionale Irpef, all’addizionale comunale Irpef e all’imposta di registro, per un carico totale che può superare il 48 per cento del canone e al quale deve aggiungersi la patrimoniale Imu-Tasi, oltre alle spese di manutenzione dell’immobile e al rischio morosità (per non parlare degli effetti provocati dalla preistorica regolamentazione dei contratti di locazione interessati).
Insomma, mentre ci si straccia le vesti per l’espansione di Amazon e per la moria di negozi, si elimina l’unica misura con la quale vi era speranza di rianimare un comparto in crisi, contribuendo anche a migliorare l’aspetto delle nostre città, combattendo degrado e insicurezza. Davvero incredibile».