
Sono tutti nelle liste civiche i 14 nomi di candidati ‘impresentabili’ secondo il lavoro reso noto ieri dalla Commissione Antimafia. La presidente della commissione Rosy Bindi, ha spiegato che la relazione conclusiva del lavoro dell’Antimafia è stata approvata all’unanimità da tutta la commissione e ha lanciato un appello alla politica: “Se si vuole combattere la mafia non ci si può nascondere, bisogna metterci la faccia”. Bindi ha evidenziato come in alcuni Comuni i partiti politici non abbiano presentato candidati e in altri siano state presentate solo liste civiche.
“Che le liste civiche fatte nel modo che abbiamo visto – ha detto la Bindi – siano un varco per le mafie è indubbio. Abbiamo visto nel tempo la presentazione di liste civiche nate per protesta contro la politica, ma il quasi 100% di liste civiche in quasi tutti i comuni sciolti per mafia è allarmante”. Sotto la lente d’ingrandimento dell’Antimafia i comuni erano scesi a 13: in primis Roma e, nel Lazio, anche i comuni di Sant’Oreste e Morlupo, poi San Sostene e Badolato, in provincia di Catanzaro, Joppolo e Ricadi, in provincia di Vibo Valentia, Scalea in provincia di Cosenza e Platì in provincia di Reggio Calabria. In Campania, Villa di Briano in provincia di Caserta e Battipaglia in provincia di Salerno. Ma sotto la lente ci sono anche il comune ligure di Diano Marina, in provincia di Imperia, e Finale Emilia, in provincia di Modena.
San Luca, in provincia di Reggio Calabria, è uscito dall’elenco in quanto alle elezioni non si è presentato nessun candidato.
Il comune di Platì è stato sciolto 15 volte e alle prossime elezioni si presentano due liste civiche: lo rileva la Commissione Antimafia che ha riservato al Comune calabrese un focus all’interno della Relazione approvata ieri. La lista “Liberi di ricominciare” è stata sottoscritta da 49 sostenitori, e ha dodici candidati.
Il candidato sindaco Rosario Sergi – si legge nella Relazione dell’Antimafia – ha concorso per il medesimo ruolo per le elezioni del 2009, a capo della lista “Ripartire insieme”. Quelle elezioni sono state vinte da Michele Strangio con il 69 per cento dei voti; Sergi, in quella occasione, ha rivestito la carica di consigliere di minoranza nella compagine amministrativa sciolta per infiltrazioni mafiose. Dagli atti di indagine risulta che Rosario Sergi ha rapporti di affinità con esponenti di vertice della cosca Barbaro, tanto con la frangia denominata “Castanu” che con quella denominata “Nigru”.
Oltre Sergi, numerosi candidati annoverano rapporti di parentela, di affinità o frequentazioni con persone ritenute ai vertici dei sodalizi mafiosi dominanti in quell’area. La lista “Plati res pubblica”, di cui è promotore Mittiga Francesco – già sindaco del comune sciolto per infiltrazioni mafiose nel 2006 – è sottoscritta da 32 sostenitori e costituita da nove candidati. Il candidato sindaco Ilaria Mittiga è figlia del Francesco Mittiga. Anche un altro candidato della medesima lista ha un identico rapporto di parentela con un ex assessore della giunta eletta nel 2004 e sciolta nel 2006 per infiltrazione mafiosa.
Anche San Sostene arriva al voto dopo un accesso antimafia. L’operazione “Hybris” ha messo in rilievo i legami tra politica e criminalità ma lo scioglimento del consiglio comunale non è arrivato nonostante la richiesta del prefetto. Il sindaco uscente, Patrizia Linda Cecaro, non è in lizza ma si presenta nuovamente agli elettori suo marito Luigi Aloisio, già primo cittadino per due consiliare, con la lista “Insieme per San Sostene”.
Nell’altra lista civica, “Legalità e libertà”, con candidato sindaco Domenico Fera, i commissari segnalano l’anomalia di Alessandro Codispoti, condannato in Appello a 4 anni di reclusione e 30mila euro di multa per detenzione di stupefacenti al fine di cessione a terzi, con la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.
La condizione di Codispoti – conclude la relazione dell’Antimafia – potrebbe rientrare, in caso di elezione, nell’ipotesi di sospensione e decadenza di diritto prevista dall’articolo 11, comma 1, lettera a) della legge Severino, avendo riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati dall’articolo 10 comma 1 lettera a) della stessa legge (articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990)”.
Solo nel caso di Scalea salta fuori un’incandidabilità. È quella di Carmelo Bagnato, condannato a due anni per il reato di bancarotta fraudolenta. Non ci sono casi di ineleggibilità ai sensi della legge Severino né condizioni ostative in base al codice di autoregolamentazione approvato dalla Commissione antimafia nella seduta del 23 settembre 2014.
Claudio Fava – Vice presidente commissione antimafia: “risultano rapporti di parentela e/o affinità o frequentazione di alcuni candidati delle varie liste con persone destinatarie di ordinanza di custodia cautelare o imputate o, in qualche caso condannate con sentenza di primo grado, nel procedimento Plinius per reati di criminalità organizzata in relazione alla ‘ndrina Valente-Stummo”. È lo stesso procedimento che ha provocato lo scioglimento del vecchio consiglio comunale, quello per cui il Tribunale di Paola ha condannato l’ex sindaco Basile a 15 anni di reclusione in primo grado.
Anche Badolato (sciolto per “gravi forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata”) nel maggio 2014, figura tra i comuni messi sotto la lente di Rosy Bindi e degli altri commissari. Dallo screening, però, non risultano casi di incandidabilità. Solo una nota, che riguarda il candidato sindaco Gerardo Mannello: “Agli atti acquisiti da questa Commissione risulta peraltro che Mannello è stato responsabile dell’area amministrativa del comune di Badolato (fino al 30 giugno 2013) durante la consiliatura Parretta, sottoposta ad accesso e poi sciolta”.
Redazione